Le Censure

LE CENSURE


Il ribollente clima provocato dalla Riforma, il cui germe fu innescato nel 1517 da Martin Lutero, induce il papa Paolo III ad istituire nel 1542 il Sant’Uffizio, la cui incontrastata autorità colpisce uomini e libri colpevoli o sospettati di eresia. Il primo Index librorum prohibitorum (Indice dei libri proibiti) ufficiale risale al 1559 e vi sono inclusi non solo pubblicazioni di argomento religioso ereticale, ma anche libri che, indipendentemente dal loro contenuto, erano stampati da tipografi bollati di eresia, inoltre Bibbie in volgare, testi anonimi o privi di “Imprimatur” (approvazione ufficiale ecclesiastica). Di alcuni libri, invece, si ordina solo l’espurgazione, cioè l’eliminazione o la modifica di quei passi che sono o sembrano non rispondenti all’ortodossia cattolica.
Il controllo effettuato dalla Chiesa è rigidissimo: dei libri iscritti all’Indice si vieta la stampa, la vendita ed il possesso. Particolarmente colpiti dalla dura sferza degli inquisitori sono soprattutto autori e tipografi d’oltralpe, dove la Riforma è dilagante, sospettati di diffondere le idee ereticali.
Subisce un brusco freno la libera circolazione dei libri, ed è messa in seria crisi l’attività di tante officine tipografiche. Ma grazie ad arguti accorgimenti di tipografi e lettori, che comunque hanno sfidato il rogo, molti libri che all’epoca erano “proibiti” sono giunti fino a noi.
Nella Biblioteca S. Alfonso sono venuti alla luce diversi esemplari censurati: non solo testi di natura teologico-religiosa, ma anche di carattere letterario, filosofico e scientifico. Provengono tutti dai torchi tipografici delle città europee in cui le idee riformiste si erano prepotentemente affermate: Basilea, Lione e Parigi. Di seguito sono mostrati alcuni esemplari di libri “proibiti”. I segni di censura in essi riscontrati sono stati tratteggiati in rosso per renderli più evidenti.


Johannes Herwagen, tipografo attivo a Basilea, fu amico di Erasmo da Rotterdam, di cui pubblicò molte opere e per questo fu iscritto all’Indice. Quest’opera del matematico Euclide è stata stampata da Herwagen, quindi “proibita” non per il contenuto, ma perché uscita dai torchi di un seguace di Erasmo. Il possessore del libro avrebbe dovuto consegnarlo alle autorità ecclesiastiche: cosa che non ha fatto. Ma per evitare di cadere nelle tenaglie dell’Inquisizione ha eraso, cioè ha raschiato completamente il nome Herwagen scritto a stampa sul frontespizio e nel colophon (la sottoscrizione di stampa alla fine del volume). Tuttavia noi risaliamo al nome del tipografo dalla sua marca tipografica: una colonna sormontata dal busto del dio Mercurio tricipite e con in mano il caduceo.

Il volume 5° dell’”opera omnia” di Origene, grande teologo e Padre della Chiesa, pubblicato a Lione nel 1536 e messo all’Indice dei libri proibiti perché commentato da Erasmo da Rotterdam, il cui nome è depennato sul frontespizio.

Le Enarrationes in Pauli Epistolas di Teofilatto di Bulgaria, pubblicate a Parigi nel 1545. L’opera originale greca di Teofilatto è stata qui egregiamente tradotta in lingua latina dall’umanista e teologo tedesco Johann Lonicer (1499-1569), noto anche con lo pseudonimo di Teucrius Annaeus Privatus. Ma lo studioso fu anche amico di Philipp Melanchton, altro umanista di spicco e teologo protestante legato a Lutero addirittura da rapporti di amicizia. Il suo nome, quindi, è accuratamente eraso sul frontespizio.

L’”Opera omnia” di S. Ambrogio curata da Erasmo da Rotterdam è presente in due edizioni parigine del 1549, di cui solo una presenta inequivocabili segni di censura: dei fogli bianchi incollati ricoprono interi passi del testo. Il confronto diretto tra le due edizioni, quella di Hugues de La Porte e l’altra di Charlotte Guillard, ha permesso l’esatta lettura dei brani occultati, in cui è espressamente indicato il nome dell’eretico curatore nella sua forma latinizzata (Erasmus Roterodamus o Desiderius Erasmus Roterodamus).
Questo è il frontespizio dell’”Opera omnia” di S. Ambrogio pubblicata da Hugues de La Porte, che presenta anche una marca “parlante”: la raffigurazione della grande porta richiama infatti il nome del tipografo. Anche il motto “Libertatem meam mecum porto” (porto con me la mia libertà), gioca sull’allitterazione tra “porto” e “La Porte”.
Le immagini seguenti mostrano alcune pagine della stessa opera stampata dai due editori, Hugues de La Porte e Charlotte Guillard: i segni di censura sono presenti solo nell’edizione di Hugues de La Porte.

Una pagina dell’edizione di Charlotte Guillard. Il testo è curato da Erasmo da Rotterdam, il cui nome si legge nella colonna a sinistra.

La stessa pagina nell’edizione di Hugues de La Porte. Qui sono evidenti i segni di censura: il testo è coperto da cartigli bianchi incollati.

Edizione di Charlotte Guillard. Due lettere dedicate al lettore scritte da Erasmo, il cui nome è ben leggibile in alto.

Edizione di Hugues de La Porte. L’intero testo delle due lettere è occultato da un foglio bianco incollato.

G. M. Verdizzotti, Le vite de’ Santi Padri …, Venezia 1584. L’opera presenta molte illustrazioni ispirate alla vita dei Padri della Chiesa e numerosi fregi e cornici ornamentali. Si noti come le nudità delle figure siano state completamente coperte dall’inchiostro.

G. M. Verdizzotti, Le vite de’ Santi Padri …, Venezia 1584. Una larga macchia d’inchiostro occulta una parte del testo in cui è descritto un episodio indecoroso e a fatica si riesce a leggere una parola a quell’epoca sicuramente “indecente”: «testicoli».